Parlamento

11 Ottobre 2016

Le ultime vicende dell’Aeroporto di Bresso approdano in Parlamento.

 

E’ in discussione questa settimana l’interrogazione presentata dall’Onorevole Daniela Gasparini e da diverti altri parlamentari milanesi per conoscere le intenzioni del Governo in merito ai recenti provvedimenti di Enac che aprono l’uso dello scalo a voli commerciali colme aerotaxi.
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Di seguito il testo dell’interrogazione che verrà discussa questa settimana.

“Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell’interno. – Per sapere – premesso che: l’Aeroporto Milano-Bresso «Franco Bordoni Bisleri» è collocato in una delle aree più popolose della Città metropolitana di Milano, e all’interno del più grande parco pubblico d’Europa: il Parco Nord; il Parco Nord è una realtà fortemente voluta dai cittadini che si sono impegnati per la sua realizzazione e sono partecipi alla sua gestione. Per anni si sono battuti per la ricollocazione dell’aeroporto in altra sede, considerandolo incompatibile con la presenza del Parco e hanno successivamente accettato la presenza dello stesso con le limitazioni previste dall’accordo siglato nel 2007.

L’aeroporto opera sotto la giurisdizione della direzione aeroportuale Lombardia dell’Ente nazionale per l’aviazione civile.

L’Ente nazionale per l’aviazione civile disciplina l’accesso e la circolazione attraverso proprie ordinanze e, nello specifico con l’ordinanza n. 3 del 2011 del 15 novembre 2015, alla quale si è di recente succeduta l’ordinanza n. 7 del 2016 del 15 giugno 2016, che è in vigore dal 1o luglio 2016; il regolamento di scalo del 2011 costituiva il punto di caduta degli accordi intercorsi con il protocollo d’intesa del 31 luglio 2007, sottoscritto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Lombardia, provincia di Milano, Consorzio Parco Nord Milano, comuni di Bresso, Cinisello Balsamo e Milano: infatti detto protocollo, ponendo fine ad un lungo conflitto, aveva costituito soluzione di mediazione sul tema dell’incompatibilità dell’aeroporto con il grande polmone verde di Parco Nord.

In particolare l’articolo 2 del più volte citato protocollo in tale ottica escludeva opere o interventi che si potessero configurare come un potenziamento della capacità di traffico.

Il regolamento di scalo n. 1 del 15 dicembre 2011, infatti, individuava quali soggetti operanti all’interno dell’aeroporto: Aero Club Milano, Elite Aviation, a.o.p.a (aircraft oweners and pilots association) Italia e cap (club aviazione popolare).

Tale tipologia di operatori configurava l’aeroporto come scuola per piloti o infrastruttura per piccoli aerei da turismo (traffico consentito vfr – ovvero volo a vista).

Il nuovo regolamento di scalo adottato da Ente nazionale per l’aviazione civile ed in vigore dal 10 luglio del 2016, tradisce, a giudizio degli interroganti, lo spirito ed il dettato del protocollo del 2011: per un verso, ampliando operatività dello scalo al traffico comunitario civile di aviazione generale e di aerotaxi, senza limitazione per il numero di posti.

Per altro, individuando una molteplicità di soggetti concessionari tra i quali la società Sky service che avrà compiti di controllo delle nuove operazioni commerciali (per le quali si procede, di regola, con volo strumentale).

E’ evidente che – alla luce della complessa storia conflittuale su accennata – l’impegno ad evitare interventi che potessero aumentare la capacità di traffico non era (e non può) essere interpretato in modo restrittivo, con riferimento ad interventi infrastrutturali, bensì come un impegno ad astenersi da qualunque iniziativa che produca tale effetto, ivi compresa l’adozione di un nuovo regolamento di scalo che produca tale effetto.

Poco prima dell’adozione del regolamento di scalo n. 7 del 2016 (datato 15 giugno) il prefetto di Milano ha rilevato le inadeguate misure di sicurezza dell’Aeroporto e con decreto prefettizio del 22 marzo 2016 ha regolato le attività di volo in arrivo e in partenza dallo scalo per garantire la tutela della sicurezza pubblica, in costanza di un’utilizzazione della infrastruttura per tipologia di traffico diversa da quella in esercizio dal 1° luglio 2016.

Inoltre, la diversa destinazione di utilizzo – oltre che tradire gli accordi a suo tempo intercorsi – costituisce una modifica che si palesa per gli interroganti tanto più grave ove si consideri che, il comune di Bresso e quelli limitrofi hanno una popolazione tra le più dense d’Italia.

(Bresso 7765 abitanti per chilometro quadrato, Sesto San Giovanni 6975 abitanti per chilometro quadrato, Cinisello Balsamo 5900 abitanti per chilometro quadrato).

La diversa destinazione di traffico, inoltre, non avrebbe dovuto comunque prescindere da una verifica dei livelli di inquinamento acustico ed ambientale e del deterioramento della qualità della vita degli insediamenti urbani limitrofi, che risulta agli interroganti essere stata totalmente omessa dal nuovo regolamento ENAC.

Ed infine, al confine est dell’Aeroporto è presente il sito demaniale che ospita provvisoriamente un centro di accoglienza di migranti gestito dalla Croce rossa italiana.

Il consiglio comunale di Bresso, alla presenza di rappresentanti di Enac il 25 maggio 2016 ha votato all’unanimità il mandato al sindaco per farsi promotore presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il prefetto di Milano ed Enac affinché l’Aeroporto di Bresso rimanga una scuola per piloti e uno spazio per piccoli aerei da turismo, evidenziando anche la preoccupazione delle popolazioni dei comuni limitrofi all’area dell’aeroporto «per la presenza di una pista di atterraggio di dimensioni ridotte e di un sistema di sicurezza e antincendio non adatto a voli di dimensioni elevate» -: quali iniziative intenda assumere il Governo per quanto di competenza, per garantire il rispetto degli impegni formalizzati nel protocollo di cui in premessa, con particolare riferimento alla recente assunzione di iniziative che avrebbero come effetto il potenziamento delle capacità di traffico.

Tale tipologia di operatori configurava l’Aeroporto come scuola per piloti o infrastruttura per piccoli aerei da turismo (traffico consentito vfr – ovvero volo a vista).

Il nuovo regolamento di scalo adottato da Ente nazionale per l’aviazione civile ed in vigore dal 10 luglio del 2016, tradisce, a giudizio degli interroganti, lo spirito ed il dettato del protocollo del 2011: per un verso, ampliando operatività dello scalo al traffico comunitario civile di aviazione generale e di aerotaxi, senza limitazione per il numero di posti.

Per altro, individuando una molteplicità di soggetti concessionari tra i quali la società Sky Service che avrà compiti di controllo delle nuove operazioni commerciali (per le quali si procede, di regola, con volo strumentale).

E’ evidente che – alla luce della complessa storia conflittuale su accennata – l’impegno ad evitare interventi che potessero aumentare la capacità di traffico non era (e non può) essere interpretato in modo restrittivo, con riferimento ad interventi infrastrutturali, bensì come un impegno ad astenersi da qualunque iniziativa che produca tale effetto, ivi compresa l’adozione di un nuovo regolamento di scalo che produca tale effetto”.

Fonte: www.nordmilano24.it/


6 Ottobre 2015

Era stato molto chiaro il presidente del Consiglio Matteo Renzi a New York durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite della settimana scorsa. L’Italia, aveva ricordato il premier, fa parte ormai da vari mesi della coalizione anti Isis composta da 60 Paesi e guidata dagli Stati Uniti . Continuerà a fornire il suo contributo all’alleanza: quattro Tornado del sesto Stormo di Ghedi finora impegnati in missioni di ricognizione (ma pronti anche ad attivita’ “cinetica” se richiesto, ossia bombardare) un aereo cisterna KC 767 e vari droni disarmati.

A Baghdad un centinaio di nostri carabinieri stanno svolgendo attività di training per le forze armate irachene mentre stiamo armando le formazioni dei curdi peshmerga. Su un punto Renzi è stato chiaro: mentre in Iraq l’intervento italiano è giustificato da una richiesta di aiuto di quel governo contro l’Isis non così avviene in Siria dove nostre azioni si scontrerebbero contro i vincoli imposti dalla Costituzione alle nostre forze armate e dove il Governo di Assad non ci ha chiesto nulla (anzi, in una prima fase, era quello il dittatore da far cadere).

Senza contare che bombardare senza pensare al dopo creerebbe, secondo Renzi, una situazione di “Libia bis”. Una linea che sarà ribadita questa mattina a Sigonella dal ministro della Difesa Roberta Pinotti al segretario alla Difesa Usa, Ash Carter che fa tappa in Italia nel suo tour europeo. Linea che ancora più autorevolmente sarà difesa con intransigenza dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che incontrerà domani al Quirinale il capo del Pentagono.

La Difesa, nel frattempo, appare molto cauta e ricorda che la “maggiore operativita” dei nostri aerei in Iraq è solo un’ipotesi da sottoporre prima al vaglio del Parlamento. Far filtrare oggi la notizia di un maggior impegno dei Tornado (solo sugli obiettivi Isis in Iraq) risponde evidentemente all’esigenza di mostrarsi pronti ad esaudire eventuali richieste da parte americana ancor prima che l’amministrazione Usa ne faccia esplicita richiesta e allontanare il sospetto che l’Italia sia troppo appiattita sulle decisioni Usa.

“Non inseguiremo di certo posizioni di singoli Paesi” aveva ammonito Renzi a New York criticando implicitamente la posizione dei francesi che hanno deciso i raid arei in Siria. Ma le prove di dialogo tra Putin e Obama e l’eccessivo attivismo degli aerei da combattimento russi (anche su spazi aerei Nato) hanno convinto Renzi che la posizione italiana attiva nella coalizione anti Isis un po’ defilata è quanto di più utile al nostro Paese in questo momento. Ma con una doppia linea d’azione. Da un lato mostrare agli americani la nostra disponibilità di fedeli alleati anche sul piano militare ma nascondendo all’opinione pubblica italiana i dettagli di questa “maggiore operativita’”.

Cosi a New York Renzi ha potuto annunciare davanti al presidente Obama che l’Italia, primo contributore di forze Onu per il Peacekeeping è pronta a mettere a disposizione delle missioni Onu almeno altri 500 uomini (oltre ai 1100 della missione Unifil in Libano) con un battaglione di fanteria specializzata, una compagnia di genio costruzioni e uno squadrone di elicotteri da trasporto. Impegno che ci potrebbe far meritare l’elezione a membro non permanente del Consiglio di sicurezza nel biennio 2017-2018. Annuncio sul quale, però, i comunicatori di Palazzo Chigi hanno fatto calare il silenzio limitando la “novita’” ai soli “caschi blu della cultura” per difendere il patrimonio artistico del Medio Oriente minacciato dalla furia distruttrice dell’Isis.

Meglio, tra spending review e paura di nuove avventure militari, non allarmare troppo forze politiche e opinione pubblica. Lo stesso vale per i Tornado le cui nuove regole di ingaggio potrebbero prevedere anche azioni offensive in Iraq. Del resto avvenne così anche per il Kosovo con D’Alema che proprio sui quei bombardamenti (approvati solo ex post dal Parlamento) costruì il suo rapporto personale e ancora attivo con Bill Clinton. Insomma ci sono tempi e modi precisi in Italia per “mostrare i muscoli” e questo è il tempo di nasconderli anche se la segreta ambizione di ogni premier è quella di passare alla storia anche per qualche significativa decisione in campo militare.

 Fonte;www.ilsole24ore.com/


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